venerdì 18 agosto 2017

LEZIONE DI POESIA

Le parole sono fatte di suoni. Se metto le parole in un certo ordine non emergono solo i significati che siamo abituati ad attribuire alle parole, ma anche i significati impliciti nella sonorità. I suoni sono vibrazioni, comunicano emozioni proprio in quanto suoni. Poiché la resa sonora di un verso è connessa all’ordine in cui le parole sono messe, non si può modificare l’ordine senza modificare anche il significato. La resa sonora è una valenza capitale della poesia.
Leopardi scrive: «Dolce e chiara è la notte e senza vento». Si possono trarre significati di vario tipo; ad esempio si può dedurre: se è dolce, vuol dire che sarà primavera; non può essere estate perché c’è troppo caldo, né inverno poiché fa freddo. Sarà primavera, maggio o aprile, massimo giugno. E poi è chiara, e quindi vuol dire che c’è la luna; e siccome è senza vento significherà che è calma, una notte primaverile pacata. Leggendo con più attenzione ci accorgiamo che Leopardi dice «Dolce e chiara è la notte» poi c’è come una pausa e aggiunge «e senza vento». Come mai c’è una pausa? Quel che viene dopo la pausa («senza vento») rivela di fronte alla notte un vuoto che mette sgomento. Lì c’è lo sgomento del poeta di fronte alla notte. Ecco che «Dolce e chiara è la notte e senza vento» non si esaurisce più in quei significati che abbiamo dato, ma c’è dell’altro: il rapporto intimo, preciso, del poeta rispetto alla notte e al vuoto, al senso di smarrimento che la notte gli dà. Si può poi notare che questo verso inizia e termina con il suono “o”, che la parola notte è esattamente al centro del verso, che siamo di fronte a vocali piane “e”, “a” , orizzontali, e con un’unica elevazione in quella “i” di “chiara” che è l’unico momento di chiarezza che lui vede, e le “o” sono di chiusura e apertura, e sono “o” chiuse, foneticamente intendo. È un verso che comprime tutta la sonorità verso l’interno, canalizzandola verso quella sonorità centrale che è la parola “notte”. Questo in poesia è normale.
È il nostro essere il nostro punto di riferimento, sia che noi lo si conosca che non lo si conosca, e in poesia è l’essere che determina la profondità dell’emozione. Il lasciar crescere dentro la parola fa emergere la parola già secondo un ordine, perché l’interiorità ha un ordine. Come dice Jung, nella profondità di noi, nel Sé, c’è un ordine che si rivela, ad esempio, nei sogni. Sembra che non abbiano senso, perché non hanno la logica del nostro “io” abituale, ma quella dell’essere. Allora, leggere i sogni consente di capire che ogni cosa è in relazione con le altre, che emergono dei significati non in base alla razionalità cui siamo abituati ma in base alla razionalità dell’essere che è dentro noi, e che nel sogno si esprime. Analogamente accade in poesia: tanto più noi abbiamo la forza e la capacità di entrare nel nostro essere profondo, tanto più saremo in grado di dire con forza, con profondità, con verità, la “nostra” verità naturalmente.

da una rilettura di Franco Loi "La poesia secondo me"





2 commenti:

  1. Anche se fuori post,devo dire che a proposito della musicalità e del suono delle parole, il tuo post mi ha fatto ricordare almeno 2 poeti (Pascoli e D'Annunzio)i quali, facendo ricorso a tecniche poetiche particolari, riescono a raggiungere effetti ritmici e musicali: le figure retoriche del suono (le rime, le allitterazioni, le consonanze, le assonanze, le onomatopee ecc.), il numero delle sillabe, gli accenti e le cesure del verso, sono utilizzati per raggiungere determinati effetti sonori,che suscitano sensazioni specifiche.Penso ad esempio alla "Pioggia nel pineto" di D'Annunzio o a "La mia sera" nei "Canti di Castelvecchio" di Pascoli.Scusami della digressione dal tema principale del tuo post, Julia. Poco tempo fa ho rivisto il film di Mario Martone su Leopardi ("Il giovane favoloso")dal quale hai linkato una scena.L'ho trovato fatto molto bene con una straordinaria interpretazione da parte di Elio Germano, nei panni di Leopardi.
    Ciao Julia e buona settimana
    Clem

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  2. Ciao Clem, il film l'ho visto due volte anche perchè l'attore che impersona Pietro Giordani è un mio amico d'infanzia, e anch'io l'ho trovato valido.
    Non devi scusarti Clem le digressioni sono sempre un completamento al post e sono sempre apprezzate :-) La pioggia nel pineto ha una musicalità unica..
    Buona settimana anche a te e buon settembre

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