venerdì 1 settembre 2017

SETTEMBRE


Francisco Goya    -    1821


“Non ci sono regole in pittura”, scrisse Goya. Non ha titolo questo quadro. Viene detto "Il cane" ed è una delle tante storie enigmatiche della pittura. E' il muso di un cane, che affiora su un piano inclinato e si staglia contro uno spazio vuoto, color ocra chiaro. Nient' altro: il quadro è tutto qui. Eppure quel cane, confinato nella parte bassa del rettangolo, perso nell' immensità dorata che lo circonda e sembra sul punto di inghiottirlo, comunica una vertigine quasi metafisica. Non esiste paesaggio, né realtà riconoscibile. Nessun dettaglio, quasi un' astrazione. L' immagine cattura una porzione esigua del visibile. È impossibile dire cosa stia accadendo al cane o dove si trovi. Goya dipinse il Cane quando lasciò definitivamente Madrid e la corte dei Borboni che aveva servito per decenni, e si ritirò in una casa vicino al ponte di Segovia. La casa aveva un nome profetico: Quinta del Sordo, poiché sordo era il precedente proprietario. E sordo era anche Goya, da quasi trent' anni, in seguito a una malattia.
Goya vi si trasferì nel 1819, e quasi vi morì, perché fu colpito da un' altra gravissima malattia (immortalata nello scioccante Autoritratto col medico Arrieta ). Quando si riprese, dopo il 1820, decorò le pareti della casa con quattordici pitture murali, dipinte a olio sull' intonaco secco. Sono note come pinturas negras, sia perché prevale il colore nero, sia perché le immagini stesse hanno a che fare con la tenebra, la malinconia saturnina, il lato oscuro del mondo: processioni notturne, stregonerie, congiure, duelli mortali. Quelle pitture - giocate su registri che variano dalla satira all' allucinata poesia - Goya non intendeva venderle. Le dipinse per sé, ignorando il gusto della sua epoca, nella solitudine e nella libertà più totale. La sarabanda di figure inquietanti che evocò in un rito privato, quasi una cerimonia segreta di cui era sacerdote e destinatario, apre uno squarcio su ciò che sarebbe stata la storia dell' arte occidentale se i pittori avessero dipinto per sé e non per i committenti. Goya proiettò sulle pareti di casa sua una sorta di lanterna magica della psiche. Le immagini, ricche di riferimenti culturali, trasudano angosce personali e collettive e si offrono a molteplici interpretazioni. Ma qualunque cosa significassero per lui, Goya portò con sé la chiave per decifrarle. A tutt' oggi, restano un enigma.

fonte M. Mazzucco

4 commenti:

  1. Ciao Julia, avevo lasciato commenti ad entrambi i due precedenti post..ma noto che non ci sono
    :-(
    Sono di ritorno da Buenos Aires, dove tra le tante cose ho visitato l' MNBA ed ho fotografato per te un dipinto di Gauguin "Femme a la mer" ...volevo postarlo qui per ricambiare le bellissime poesie che da anni mi regali, ma non credo sia possibile.
    Buon Settembre
    fly

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  2. Buon rientro fly.
    Grazie del pensiero, ho provato ma non mi riesce di incollare nulla nei commenti.. Non fa nulla. Il fatto che tu abbia pensato a me davanti ad un quadro mi fa già felice, lo guarderò in rete.
    Per i commenti ho notato che con l'iPad è impossibile lasciarli, almeno a me succede così.
    Grazie e buon settembre anche a te


    Ti ho pensato ballare il tango vestita di rosso :-)

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  3. Una delle sere ho indossato un vestito rosso...ed uno, sempre rosso, l'ho comprato li' :-)
    fly

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