domenica 1 ottobre 2023

OTTOBRE


James Abbott McNeill Whistler - Thomas Carlyle - 1872


“Con il piacere è come con le fotografie. Quello che si realizza in presenza dell’essere amato non è che un cliché negativo, lo si sviluppa dopo, una volta arrivati a casa, quando si ritrova a propria disposizione quell’interiore camera oscura il cui ingresso è interdetto finché si sta con la gente”                                                                                                  Marcel Proust 


In una lettera del 1909 Proust scrive: "Nella mia stanza volontariamente nuda c'è una sola riproduzione di opera d'arte: un'ammirevole riproduzione del Carlyle di Whistler. Se il colore riveste un ruolo essenziale nella sua opera, il bianco e nero è stato importante nella sua stessa vita. Gli è stato indispensabile: ha regalato forma e materia prima alla sua fantasia e al suo ricordo. All'epoca di Proust l'arte era lontana, difficile da raggiungere; i colori assenti, imprecisi, bugiardi. Un pensiero pressoché sconvolgente per chi è cresciuto avendo le opere sotto gli occhi "nell'epoca della loro riproducibilità tecnica". Nel campo editoriale il colore era se non proprio un'utopia quantomeno un miraggio.  Esteti, critici e amatori dell'arte impossibilitati al viaggio dovevano essere forniti di una buona dose di pazienza e soprattutto di una fervida immaginazione. E Proust non fu un gran viaggiatore. Prima e solo dei trent'anni visitò l'Olanda, il Belgio e due volte l'Italia, Venezia e Padova. Se i suoi viaggi reali furono limitati quelli interiori furono senza fine. Se i quadri che amava erano sparsi per il mondo, in luoghi che non avrebbe mai raggiunto, questo non gli impedì di disseminare la Recherche di opere e artisti che non aveva mai ammirato dal vivo. Ma non accresce forse il nostro stupore e non moltiplica il fascino della folle impresa della Recherche scoprire che molte delle tappe del suo viaggio nei colori Proust le ha attraversate in bianco e nero? Quando descriveva l'oltremare di Giotto, il rosa delle guance di Albertine e il rosso impossibile del vestito di Oriane Proust doveva tenere gli occhi chiusi. Per scrivere il colore doveva ricrearlo, invocarlo, adattarlo. Più elegante di Swann, più sinuoso di Odette, più bugiardo dì Albertine e più fatale di Oriane, il colore per Proust era così importante che non gli è stato poi così difficile rinunciare ad averlo intorno a sé. Come ogni cosa, dalle sue parti, che meritasse di essere salvata, la sua presenza era poca cosa, la sua memoria era tutto. 

 da una rilettura di Marangoni "Proust. I colori del tempo" 






                                       

2 commenti:

  1. Il bianco e il nero sembrano per Proust ciò che Spazio e Tempo assumono nella Critica della ragion pura di Kant, cioè forme a priori della conoscenza sensibile, categorie trascendentali che preesistono a qualsiasi conoscenza della realtà empirica.
    Quest’ultimo post in particolare, poi, sembra suggerire che Proust più che descrivere, narrare, raccontare, creare attraverso concetti, immagini, oggetti, persone e situazioni in movimento, le dipinga, attribuisca cioè loro un colore che egli ha immaginato per loro, dando così contezza non solo di eventi narrati, ma di sensazioni, di sentimenti, di nostalgie ed epifanie vissute.
    Da te porto sempre via qualcosa di prezioso, e per questo ti ringrazio.
    Ciao

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    Risposte
    1. Do ut des, Garbo.
      Hai citato Kant. Spesso ricorri al pensiero filosofico e lo fai con leggerezza.
      Sì capisce che l'argomento ti è congeniale. Anche a me piace e mi affascina ma non sono così brava.
      Sto scoprendo Proust in un modo che non avrei mai immaginato, quasi intimo, e sono contenta che anche tu ne tragga spunto.
      La conoscenza è un viaggio...
      Grazie a te
      Ciao
      Julia

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