sabato 26 marzo 2022

TAO POETRY

 


Leggerezza

Immerso nell’ozio, ancor più sento
quanto il mio spirito è limpido;
oggi le preoccupazioni
hanno la leggerezza delle foglie.
i bambù davanti al cortile
respingono la calura del pieno giorno,
i pini al di sopra del mio cuscino
emettono i lamenti di un’altalena.

Bai Yuchan

Questo sito offre una selezione gratuita di musica zen.
Bonne ecoute..
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venerdì 18 marzo 2022

ROUTINES

 Si potrebbe dire che la routine è il cuore del modo in cui facciamo le cose. È, insieme ad una mescolanza di ripetizioni, regole, abitudini, immaginari, desideri, interruzioni, attese, il nostro modo di vivere. Per Franco La Cecla e Piero Zanini ( Una morale per la vita di tutti i giorni) le routines sono “quello che la gente fa per abitudine: le abitudini alimentari, quelle del vestire, del parlare, le frasi fatte, i gesti, le consuetudini che possono essere vissute come rassicuranti o oppressive, ma che in ogni caso ricorrono nella vita quotidiana, rendendola una specie di ripetizione costante,  allontanando l’angoscia del vuoto, dell’inedito, dell’irruzione dell’inaspettato nella vita. Le routines sono gli appigli che salvano nei momenti difficili, che consentono di vivere i drammi personali e collettivi, le crisi epocali e le trasformazioni del mondo. Sono ciò per cui si può dire “la vita continua”....

La mattina a Hanoi si fa colazione con una zuppa di phò accompagnata da un pane lievitato a forma di churro spagnolo. Certo, se rimarrete in albergo non vi capiterà mai, ma se cominciate a girare e a mescolarvi ai locali, a un certo punto capirete quanto sia importante cominciare la giornata con quello che è considerato per i vietnamiti il pasto per eccellenza.

Se vivete in Spagna per un pò, vi troverete da outsider a domandarvi come mai le città sono vuote, deserte dalle due alle cinque del pomeriggio, e fin quando non capite che questa sosta permette poi di prolungare la giornata fino a notte inoltrata non avrete afferrata una delle leggi della vita quotidiana spagnola.

Ogni paese ha il suo tempo di sospensione, il tempo del bar a Roma, il tempo della xinxina a Lisbona, quello della demi di birra in un bistrò francese, o del chai in un caffè turco, fuori della porta. Per ritmare la vita quotidiana, le sospensioni sono più importanti delle continuità, danno il senso dell’inizio, del passaggio tra una fase e l’altra della giornata, dell’andare verso la sera, della conclusione del giorno.

Ogni cultura ha inventato modi e rituali per dare ai ritmi del giorno il senso di una “normalità eccezionale”, della recita dei vespri delle vecchiette di un paese siciliano, alle cinque preghiere giornaliere dell’islam, o alle puja hindu accompagnate da uno scampanellio che allontani gli spiriti e svegli la coscienza. Ma la ritualità può essere anche il tempo di comprare un durian nei mercati all’aperto di Bangkok, o quello dell’attesa di una camioneta collettiva nella periferia di Quito”.

La poesia del viaggio, del luogo che non è natio, è anche vivere le abitudini, le routines degli altri..

domenica 13 marzo 2022

BAGLIORI A SAN PIETROBURGO

 "A ogni passo in questa città mi viene in mente un libro o mi risuona in testa una musica. È una scoperta continua.» È il 1975 quando Jan Brokken rimane folgorato da San Pietroburgo, l’allora Leningrado, patria splendente e malinconica di poeti e dissidenti, folli e geni, disperati e amanti, culla della ribellione agli zar e poi al regime sovietico in nome della libertà dell’arte e dello spirito. In occasione del centenario della Rivoluzione d’Ottobre, Brokken ci accompagna nelle sue passeggiate fra presente e passato attraverso strade, teatri, case e musei sulle tracce dei personaggi che hanno reso Pietroburgo una capitale mitica della cultura europea. Un viaggio che parte dalla raffinatissima Anna Achmatova, che sembra quasi personificare l’elegante fierezza di questa città, per proseguire con l’avventura umana e poetica di Dostoevskij, Gogol’, Solženicyn; i radicali Stravinskij e Malevič e i tormentati Čajkovskij e Šostakovič; gli espatriati Brodskij, Rachmaninov e Nabokov e l’inquieto Esenin, il «Rimbaud russo» che conquistò Isadora Duncan; il principe dandy Jusupov, che assassinò Rasputin e fuggì a Parigi con un Rembrandt sottobraccio, e la pianista Marija Judina, che seppur ebrea e dissidente ottenne con la sua musica l’eterno favore di Stalin. In una sinfonia di ricordi, citazioni e frammenti di vita, Brokken compone un ritratto impressionista della città della nostalgia e del confronto tra l’arte e il potere, dove Mandel’štam ebbe a dire: «Solo da noi hanno rispetto per la poesia, visto che uccidono in suo nome."


Ho letto questo libro alcuni anni fa, era un prestito bibliotecario, con la stessa lentezza con la quale assaporo la crema di cacao. Comprarlo, due mesi fa e rileggerlo con lo stesso trasporto, inconsapevole.. L'immagine della copertina, splendida, come del resto tutte le copertine Iperborea, è dedicata ad Anna Achmatova. La rivedo qui:




              

"Le rivalità politiche e la storia a volte separano ciò che rimane unito nell’immaginario, ad esempio quello letterario. Molti di noi infatti non sanno che Anna Andreevna Achmatova, probabilmente la più famosa delle poetesse russe, è nata nel 1889 da un padre ucraino a Bol Soj Fontan vicino ad Odessa, nella regione dell’Ucraina.

Figlia in un matrimonio infelice, Anna era stata abbandonata dal padre a tre anni; la madre sola e con cinque figlie da crescere, si era trasferita in Crimea. Così Anna diventò grande sulle rive del mar Nero, giocò sulle spiagge di Anapa, sul lungomare di Eupatoria e a quindici anni si trasferì vicino a San Pietroburgo, proprio a Carskoe Selo dove aveva studiato uno dei più famosi poeti russi, Aleksander Puskin.

In Là dove s’inventano i sogni. Donne di Russia un libro che raccoglie in maniera molto originale diverse biografie storiche femminili, l’autrice Margherita Belgiojoso ripercorre le tappe della vita della scrittrice:

“Anche Anna voleva diventare poeta. Si era sempre sentita diversa dai coetanei: camminava nel sonno e parlava da sola, timida all’inverosimile quando le coetanee civettavano. Verso i diciassette anni aveva scoperto il cognome tataro della nonna materna e, dopo che il padre l’aveva accusata di infangare la famiglia con i suoi versi, aveva adottato Achmatova come pseudonimo. Senza grandi rimpianti, visto che da sempre detestava il suono del cognome paterno Gorenko.”

La futura poetessa lasciò così il cognome ucraino, Gorenko, per quello tataro della nonna, Achmatova, ed perseguì il sogno (comune a molti nell’Ottocento) di vivere scrivendo versi. Sulle tracce di un destino particolare, nel 1909 Anna sposò Nikolaj Gumilëv dopo un lungo corteggiamento. Gumilëv era un poeta conosciuto in tutti i circoli letterari di Pietroburgo e divenne una figura di riferimento del movimento della poesia russa degli Acmeisti. L’Achmatova però si sposò senza convinzione.

.........

Tanto poco rimase dell’attrazione tra i due che rientrarono separatamente dal viaggio di nozze a Parigi. L’Achmatova aveva conosciuto Amedeo Modigliani sulle panchine delle Tuileries e Gumilëv aveva proseguito per l’Africa.

Anna Achmatova è sopravvissuta agli amori tristi, ai mariti traditori, ai gelosi, alla fucilazione di Gumilëv, all’arresto ed alla deportazione dell’unico figlio, Lev, durante il regno assoluto di Stalin ma non è mai stata attiva nella rivoluzione bolscevica, né si trasferirà mai all’estero, e morirà a Mosca nel 1966.

Per questo, da esterni, preferiamo guardare i conflitti e le rivalità che animano le rivendicazioni tra Russia e Ucraina con gli occhi della letteratura, quel fluido nel quale non ci sono confini, dove i protagonisti sono fratelli e le pagine unite come i dettagli di un unico grande affresco. Per l’Achmatova e le altre donne russe, infatti, non cerchiamo i dettagli delle influenze di un’origine sull’altra, preferiamo pensare alla poesia di una terra che per noi lettori rimane un luogo dove s’inventano i sogni".


Melissa Pignatelli


Immagine: Ritratto di Anna Achmatova di Natan Altman, 1914, Olio su tela, Museo Russo di San Pietroburgo


Mi permetto di parafrasare Dostojevskij dicendo che la bellezza ma anche la conoscenza salveranno il mondo e di condividere il commento di un lettore di un blog:


IL GROTTESCO D’ORO

Scrivo a caldo, anch’io come voi indignato dalla propaganda a senso unico dalla quale siamo inondati da due settimane in qua.

Vi voglio semplicemente ringraziare per avere scritto quello che qualcuno doveva pur scrivere; e spero che i vostri lettori siano almeno ventisei.

Non ho molto da aggiungere a quello che avete scritto. Due o tre cose, giusto per assaggio:

1. “Dopo 75 anni è scoppiata la guerra nel cuore dell’Europa”. Ma negli anni ’90 dove eravamo? La guerra (di una ferocia spaventosa, assai più di questa) era a due passi da casa nostra; noi guardavamo da un’altra parte. E l’Europa dov’era? Una parte (Francia) badava a sostenere la Serbia, un’altra (Germania, Austria e ahimè Vaticano: si sa, Catholics first!) Croazia e Slovenia. E per la Bosnia c’è voluta la mediazione degli USA. Che più tardi per il Kosovo hanno pensato bene di bombardare la Serbia (noi no, noi mantenendoci puliti gli abbiamo solo concesso la base di Aviano) e di sostenere quei malfattori dell’UCK. I Valori dell’Occidente!

2. Il più degno del Grottesco d’Oro mi sembrava il sindaco Beppe Sala, il quale (dopo il successo clamoroso alla Scala della prima della Dama di picche) ha cacciato il maestro Valerij Gergiev (uno dei migliori al mondo per quanto mi consta, e probabilmente uno dei pochi a saper dirigere quell’opera) perché “non ha preso le distanze dalla guerra”.

Prontamente imitato, peraltro, dai Wiener Philarmoniker, dai Münchner Philharmoniker e dalla Carnegie Hall. Unanimità commovente!

(E bene ha fatto la soprano Anna Netrebko ad annullare la sua presenza alla Scala per l’Adriana Lecouvreur).

Alle Olimpiadi di Atene nel 2004 qualcuno ha chiesto agli atleti americani di prendere le distanze dalla guerra all’Iraq, da Bush e dalla sua gang?

Ci avevano pensato Tommie Smith e John Carlos, alle Olimpiadi di Città del Messico del 1968, a salire sul podio scalzi salutando a capo chino e col pugno guantato di nero a sostegno del movimento Olympic Project for Human Rights, mentre veniva eseguito l’inno americano. E la Città sulla Collina, Patria degli Human Rights, gliela fece pagare cara.

3. Ma allo sprint Beppe Sala è stato battuto da Giovanna Iannantuoni, rettrice dell’Università Milano-Bicocca, la quale ha bloccato il corso su Dostoevskij che Paolo Nori avrebbe dovuto tenere a patire dal 3 marzo. Alle immaginabili polemiche che ne sono seguite, il prorettore Casiraghi ha cercato di mettere una pezza puntualizzando che si era soprasseduto allo scopo di “ristrutturare e ampliare il corso includendo alcuni autori ucraini”.

Ma alla Bicocca sono dei genî! Prima fermare Dostoevskij perché un russo ancorché morto (e patrimonio dell’umanità) fa paura; poi cercare di bilanciarlo con… Gogol’? Bulgakov? (Čechov no perché nacque qualche chilometro più in là). I quali però, poco patriotticamente, hanno scritto in russo…

Dunque, Grottesco d’Oro a Iannantuoni e Casiraghi.

E Paolo Nori terrà il corso al Suor Orsola Benincasa:

https://www.ilriformista.it/la-lezione-su-dostoeveskij-si-puo-fare-al-suor-orsola-la-cultura-non-si-censura-il-rettore-dalessandro-invita-paolo-nori-283811/

È inutile farla troppo lunga. Mi fermo qua pregandovi, se potete, di continuare con questi vostri interventi che, anche se non andranno sul Corriere della Serao su Repubblica(quantum mutata ab illa!), serviranno a richiamare qualcuno a una visione critica ed equilibrata.

Grazie ancora. Un caro saluto

Anonimo Marchigiano

Ps. C’è ancora qualcuno che non ha perso la testa

Da un’amica musicista ricevo (in controtendenza col sindaco Sala):

Novembre 2022: si svolgerà il grande concorso internazionale pianistico “Ferruccio Busoni”, quest’anno con un fervido invito a partecipare alla gioventù russa, ucraina, bielorussa.

Ciò che la malvagità degli uomini separa, la benedetta musica degli uomini unisca!



Vorrei dedicare questo, per me lunghissimo e insolito post, a Garbo, perché in questo momento più che mai le parole hanno un peso..

domenica 6 marzo 2022

PRIMA VISIONE

 

...."ho imparato col tempo che l'abisso non ha fondo e che ognuno di noi può battere dei record di profondità senza esaurire mai le possibilità di quella interessante istituzione."


Romain Gary ha vissuto una vita in apparenza straordinaria; questo impulso a vivere mille vite, a diventare un grande uomo e un celebre scrittore è merito di Nina, sua madre. Sarà proprio il folle amore di questa madre possessiva ed eccentrica che lo porterà a diventare uno dei più grandi romanzieri del ventesimo secolo e a condurre un’esistenza piena di rocamboleschi colpi di scena, passioni e misteri. Ma quell’amore materno senza freni sarà anche un fardello per tutta la sua vita.

È possibile vedere La promessa dell'alba,tratto dall'omonimo romanzo autobiografico di Romain Gary, finché la Rai lo renderà disponibile, qui:


https://www.raiplay.it/programmi/lapromessadellalba?wt_mc=2.app.cpy.raiplay_prg_La+promessa+dell'alba.&wt


.."È ormai molto tempo che non sono più vittima della mia ispirazione, e se ancora sogno di trasformare il mondo in un giardino felice non è tanto perché mi piacciono gli uomini quanto perché mi piacciono i giardini".

martedì 1 marzo 2022

MARZO

 


Joseph Wright of Derby  -  An Academy by Lamplight  -   1769



Soprannominato il pittore della luce, utilizza la tecnica del chiaroscuro sotto luce artificiale, per la quale è considerato un maestro nel campo. Nell’Inghilterra del Settecento l’illuminismo trova terreno di coltura nello straordinario sviluppo della ricerca scientifica e Joseph Wright of Derby è l’esponente principale di questa tendenza. Per un certo periodo incentra la sua attività di pittore soprattutto sull’illustrazione di temi scientifici, con un utilizzo sapiente della luce e delle ombre. I suoi modelli di riferimento, dal punto di vista artistico, sono Caravaggio e i pitttori olandesi. Quest'opera si discosta dai temi che gli appartengono ed è quella che amo di più.




In An Academy by Lamplight, Wright of Derby affronta un argomento con una storia lunga e illustre che risale alle prime accademie d'arte fondate durante il Rinascimento in Italia. L'opera raffigura sei giovani disegnatori che contemplano il calco della statua "Ninfa con conchiglia", di stile ellenistico, molto ammirata nel 18° secolo quando era conservata a Villa Borghese a Roma. Oggi si trova al Louvre.

Nel dicembre 2017 questo dipinto fu battuto all'asta per £7,263,700.