martedì 31 ottobre 2017

NOVEMBRE


Edouard Manet  -  Olympia  -  1863



"Questa Olympia, lo sapete, fece scandalo quando fu esposta al Salon del 1865; uno scandalo tale che fu necessario rimuoverla. Ci furono borghesi che, visitando il Salon, volevano sfondarla con gli ombrelli, tanto la trovavano indecente".
E viene da chiedersi, come ha fatto Foucault, che cosa ci sia di così terribilmente insopportabile in questo dipinto.
La reazione esagerata del pubblico all’esposizione del dipinto nasce secondo diversi autori dal fatto che la collocazione dell’opera al Salon avviene su un terreno già reattivo a causa di almeno quattro fatti tra essi collegati: la notevole diffusione editoriale della scandalosa Signora delle camelie di Alexandre Dumas figlio, pubblicata nel 1848; la produzione dell’omonimo dramma (1852) tratto dal romanzo, che sconcertò i benpensanti per il legame sentimentale, considerato abominevole, fra una donna di facili costumi e un giovane di buona famiglia; la trasposizione nella Traviata di Verdi (1853); la presenza, nel lavoro di Dumas, di una prostituta, l’antagonista di Margherita Gautier, che si chiamava proprio Olympia. L’immagine proposta al Salon del 1865 da Manet fu sicuramente interpretata come reiterazione della storia di Dumas e ciò che romanzo, dramma e melodramma lasciavano allo spazio della fantasia, nel quadro diviene rappresentazione senza veli, nella carnale violenza della realtà. Perciò i giornali dell’epoca si accanirono ferocemente contro il pittore.
Marie Duplessis, altrimenti nota come “la dame aux camélias” aveva ispirato a Dumas il celebre romanzo. L’opera, per il suo contenuto “indecente”, destò lo sdegno dei benpensanti, e fu oggetto di critiche spietate, in quanto storia struggente dell’amore tra Margherita Gautier, una cortigiana, abituata agli agi, ai gioielli e agli abiti sontuosi, e Armando Duval, rampollo di una nobile famiglia parigina. Impossibile, per i due, coronare il sogno di felicità: la distanza morale e sociale che li separa, ma soprattutto gli intrighi dei genitori del giovane, erigeranno ostacoli insormontabili e condurranno ad una tragica fine. Verdi, come ho detto, trasse spunto dal personaggio di Margherita Gautier per la Violetta della sua Traviata, rappresentata per la prima volta alla Fenice di Venezia nel 1853. Le date d’uscita di romanzo, dramma e melodramma confermerebbero la presenza di un’atmosfera fortemente sensibilizzata sul tema, causa della reazione al quadro di Manet, che dipinse l’Olympia nel 1863, due anni prima di esporla al pubblico. E' proprio la prostituta Olympia,  l’antagonista di Margherita Gautier che Édouard Manet, spirito libero e anticonformista, che non rispettava le regole morali del secondo Impero che ritrae a seno scoperto con tanta indifferenza, con quel fiore arrogante che le orna i capelli corvini, il piede sinistro calzato da una vezzosa pantofola di raso e la mano impudica appoggiata sul ventre, e che non giustifica la propria nudità con un episodio mitico o storico. Non si nasconde agli sguardi, non arrossisce, ma non chiede nemmeno di sedurre. Esige soltanto di essere pagata.


sabato 28 ottobre 2017

"COSE", COROLLARIO

La coscienza percepisce lo scorrere delle cose, ma è tutto un gioco interiore. 
Siamo immersi nell’infinito, nella bellezza, nell’eternità. Il tempo ci ovatta. 
Non sappiamo bene chi siamo e forse non lo sapremo mai. 
O come disse mirabilmente Camus:
"l’unica creatura che si rifiuta di essere ciò che è".

venerdì 20 ottobre 2017

COSE

La pelle levigata degli oggetti è tesa
come la tenda di un circo.
Sopraggiunge la sera.
Benvenuta, oscurità.
Addio, luce del giorno.
Siamo come palpebre, dicono le cose,
sfioriamo l’occhio e l’aria, l’oscurità
e la luce, l’India e l’Europa.
E all’improvviso sono io a parlare: sapete,
cose, cos’è la sofferenza?
Siete mai state affamate, sole, sperdute?
Avete pianto? E conoscete la paura?
La vergogna? Sapete cosa sono invidia e gelosia,
i peccati veniali non inclusi nel perdono?
Avete mai amato? Vi siete mai sentite morire
quando di notte il vento spalanca le finestre e penetra
nel cuore raggelato? Avete conosciuto la vecchiaia,
il lutto, il trascorrere del tempo?
Cala il silenzio.
Sulla parete danza l’ago del barometro.

Adam Zagajewski, Dalla vita degli oggetti

mercoledì 11 ottobre 2017

LA FILOSOFIA DEL RIFIUTO

"Agire come Bartleby lo scrivano. Preferire sempre di no. Non rispondere a inchieste, rifiutare interviste, non firmare manifesti, perché tutto viene utilizzato contro di te, in una società che è chiaramente contro la libertà dell’individuo e favorisce però il malgoverno, la malavita, la mafia, la camorra, la partitocrazia, che ostacola la ricerca scientifica, la cultura, una sana vita universitaria, dominata dalla Burocrazia, dalla polizia, dalla ricerca della menzogna, dalla tribù, dagli stregoni della tribù, dagli arruffoni, dai meridionali scalatori, dai settentrionali discesisti, dai centrali centripeti, dalla Chiesa, dai servi, dai miserabili, dagli avidi di potere a qualsiasi livello, dai convertiti, dagli invertiti, dai reduci, dai mutilati, dagli elettrici, dai gasisti, dagli studenti bocciati, dai pornografi, truffatori, mistificatori, autori ed editori. Rifiutarsi, ma senza specificare la ragione del tuo rifiuto, perché anche questa verrebbe distorta, annessa, utilizzata. Rispondere: no. Non cedere alle lusinghe della televisione. Non farti crescere i capelli, perché questo segno esterno ti classifica e la tua azione può essere neutralizzata in base a questo segno. Non cantare, perché le tue canzoni piacciono e vengono annesse. Non preferire l’amore alla guerra, perché anche l’amore è un invito alla lotta. Non preferire niente. Non adunarti con quelli che la pensano come te, migliaia di no isolati sono più efficaci di milioni di no in gruppo.
Ogni gruppo può essere colpito, annesso, utilizzato, strumentalizzato. Alle urne metti la tua scheda bianca sulla quale avrai scritto: No. Sarà un modo segreto di contarci. Un No deve salire dal profondo e spaventare quelli del Sì. I quali si chiederanno che cosa non viene apprezzato nel loro ottimismo."

da Diario degli errori  1967


Ennio Flaiano, autore poco considerato, penalizzato, vista la sua indipendenza di pensiero e di posizione ma spesso citato; scrittore molto legato alla concretezza professionale del proprio lavoro, è stato soprattutto recensore di teatro e di cinema (le sue recensioni sono bellissime), soggettista e sceneggiatore cinematografico. Il suo sguardo lucido e penetrante trova nelle forme brevi una misura congeniale e gli permette di fissare fulmineamente pensieri, persone, quadri sociali. Sono le lenti con cui fotografa in modo illuminante la società contemporanea.
Lo scopro in questi giorni e subito mi appassiono. 



Questo pezzo fa pensare...

domenica 1 ottobre 2017

OTTOBRE


Edvard Munch  -  L'urlo  -  1893

Il quadro più celebre di Munch ed in assoluto uno dei più famosi dell’espressionismo nordico ha uno spunto autobiografico.
Munch scrisse e dipinse L’urlo. Fu aggredito da voci, atterrito da colori che si rompevano nella mente e li raccontò con le parole, prima di affidarsi alla tela. In trenta righe, tra poesia e prosa, registra l’attacco profondo. Le ritroviamo nel volume "Edvard Munch, Frammenti sull’arte".
Scrive: “Una sera camminavo lungo un viottolo in collina nei pressi di Kristiania con due compagni. Era il periodo in cui la vita  aveva ridotto a brandelli la mia anima. Il sole calava, si era immerso fiammeggiando sotto l’orizzonte. Sembrava una spada infuocata di sangue che tagliasse la volta celeste. Il cielo era di sangue sezionato in strisce di fuoco, le pareti rocciose infondevano un blu profondo al fiordo scolorandolo in azzurro freddo, giallo e rosso. Esplodeva il rosso sanguinante lungo il sentiero e il corrimano, mentre i miei amici assumevano un pallore luminescente. Ho avvertito  un grande urlo, ho udito, realmente, un grande urlo, i colori della natura mandavano in pezzi le sue linee, le linee e i colori risuonavano vibrando, queste oscillazioni della vita non solo costringevano i miei occhi a oscillare, ma imprimevano altrettante oscillazioni alle orecchie, perché io realmente ho udito quell’urlo e poi ho dipinto il quadro L’urlo”.
Munch è un esponente di vertice dell’espressionismo. La realtà viene da lui potenziata. E questo potenziamento del sentire e del rappresentare il mondo attraverso forme sgradevoli, rispetto alla più diffusa concezione del bello, costituirà una linea portante del Novecento, sotto il profilo artistico.
Molto si è scritto a proposito di questo quadro, scomodando psicologia, filosofia, medicina, sociologia. Qui vorrei sottolineare un particolare meno noto. Alcuni astronomi hanno individuato la location del dipinto. In un articolo pubblicato sulla rivista "Sky and Telescope", il fisico astronomico Donald W. Olson e colleghi della Texas State University descrivono come hanno identificato la località che fa da sfondo al tormentato personaggio che grida sotto un cielo rosso sangue: si tratterebbe di una strada di Oslo che corrisponde perfettamente alla rappresentazione che Munch fa del porto della città e dell'isola di Hovedo. Secondo gli scienziati, Munch e alcuni amici probabilmente camminavano lungo la strada nel 1883. Lo studio dettagliato dei diari del pittore e la ricostruzione dei fenomeni celesti che possono aver creato il "cielo rosso sangue" hanno portato il team a propendere per l'eruzione del vulcano Krakatoa, il 27 agosto 1883. Il vulcano, pur molto lontano da Oslo, inviò una gran quantità di polveri e gas nell'atmosfera. I quotidiani norvegesi riferiscono di crepuscoli insolitamente rossi fra il novembre 1883 e il febbraio 1884. Si sono recati a Oslo, un tempo si chiamava Kristiania, e hanno individuato la strada che corrisponde esattamente al luogo dove Munch si deve essere trovato 120 anni or sono. L'artista probabilmente era rivolto verso sud-ovest: esattamente nella direzione dove nell'inverno del 1883-84 apparvero i tramonti di Krakatoa.