domenica 22 gennaio 2023

PRIMA VISIONE


  



È un biopic letterario, "Genius". Ha il pregio di mostrarci un mondo poco conosciuto al cinema e non solo, quello dell'editoria. Contemporaneamente fa riflettere sulle conseguenze di chi è toccato dal genio. Stiamo parlando rispettivamente di Maxwell Perkins, editor di una grande casa editrice, scopritore e curatore di Ernest Hemingway e Scott Fitzgerald tra gli altri e di Thomas C. Wolfe, scrittore istrionico, eccentrico, dalla scrittura assolutamente prolissa ma a suo modo estremamente affascinante. Il cast è ricco di ottimi attori ma anche di cliché, con qualche eccesso e alcuni momenti poco rispettosi verso i personaggi. Se il film di per sé non eccelle è la scoperta dello scrittore Wolfe che appassiona. La forza della creatività, la potenza ‘mostruosa’ della letteratura, magica, che spoglia di tutto. Scrive Wolfe: "La dimora del cuore, del cervello, di ogni fibra dell’uomo, il piccolo abitacolo della sua vita, non può reggere, non può assolutamente essere tanto capace e resistente da contenere tutta la furia di un'urgenza creativa”. 

Autore poco conosciuto, che piccoli e grandi editori in questi anni hanno riveduto ma che come vale per altri vanno scoperti e nascosti, amati in solitudine.



«A stone, a leaf, an unfound door; of a stone, a leaf, a door. And of all the forgotten faces. Naked and alone we came into exile. In her dark womb we did not know our mother’s face; from the prison of her flesh we come into the unspeakable and incommunicable prison of this earth. Which of us has known his brother? Which of us has looked into his father’s heart? Which of us has not remained forever prison-pent? Which of us is not forever a stranger and alone? O waste of loss, in the hot mazes, lost, among bright stars on this most weary unbright cinder, lost! Remembering speechlessly we seek the great forgotten language, the lost lane-end into heaven, a stone, a leaf, an unfound door. Where? When? O lost, and by the wind grieved, ghost, come back again».


Un sasso, una foglia, una porta nascosta; di un sasso, una foglia, una porta. E di tutti i volti dimenticati.

Nudi e soli siamo venuti in esilio. Nel suo oscuro grembo non conoscemmo il volto di nostra madre, dalla prigione della sua carne siamo giunti all'indescrivibile, indicibile prigione di questa terra.

Chi di noi ha conosciuto il fratello? Chi ha guardato nel cuore del padre? Chi non è rimasto per sempre prigioniero? Chi non è per sempre solo e straniero?

O immane desolazione, persi nei torridi labirinti, tra le stelle lucenti su questo tizzone esausto e spento, persi! Muti cerchiamo la grande lingua dimenticata, la strada perduta per il cielo, un sasso, una foglia, una porta nascosta. Dove? Quando?

Perduto spirito, pianto dal vento, torna ancora.


Thomas C. Wolfe,  incipit di "O Lost"

mercoledì 4 gennaio 2023

MATTI


            Fëdor Sologub, dal "Repertorio dei matti della letteratura russa" di Paolo Nori


            Fedor Dostoevskij, dal "Repertorio dei matti della letteratura russa" di Paolo Nori

domenica 1 gennaio 2023

GENNAIO

 

                                                           Ruota cromatica di Goethe (1809)


In arte i colori ci emozionano perché sono un rimedio al tempo.

Quando guardiamo un'opera d’arte molto spesso i nostri occhi cercano i colori per emozionare i sensi. Possono essere quadri, sculture, fotografie o video, il colore conduce la nostra vista, condiziona il nostro umore, ci appaga intellettualmente ed emotivamente. 

Stiamo assistendo a una combinazione di forme e colori. E se raggiungono un equilibrio tra loro, se sono bilanciati, l'opera si può dire completa.

I nostri occhi hanno un intuito speciale per questo stato di bilanciamento, lo impariamo crescendo in natura, nella realtà.

Tutto ciò che abbiamo intorno gioca con la luce naturale e artificiale. I nostri occhi si abituano a questa ricchezza di toni, sfumature e passaggi cromatici, fino a dimenticare che il colore in sé non esiste proprio, ma che è solo la rifrazione di una luce su una superficie.

Quando troviamo questo bilanciamento capiamo che ciò che stiamo guardando fa effettivamente parte del mondo reale e se ci piace o meno, ma quello della bellezza è un discorso a parte.

Nel mondo reale il colore cambia, invecchia.

Eppure nelle opere d’arte, quelle riuscite, questi colori sembrano fermarsi, diventare concreti, sembrano creare un punto di vista fermo sul mondo.

L’arte rende le nostre emozioni reali perché le ferma, ce le ripropone immutate dopo anni, dà loro un luogo dove esistere fuori dal tempo.

Un libro, un'ispirazione. Il calendario, quest'anno, parlerà di colori e di tempo.