venerdì 14 marzo 2025

COMUNICAZIONE

 


Cartone preparatorio per "La scuola di Atene" - Raffaello - 1509


Perché  parliamo?                                                                                                                      Noi parliamo moltissimo, trascorriamo gran parte della nostra vita parlando. Se considerassimo più da vicino quel che diciamo, scriviamo e leggiamo scopriremmo che le parole sono sicuramente più delle informazioni. Parliamo per instaurare una sfera di comunicazione con gli altri, perché per noi non è tanto importante ricevere informazioni, quanto entrare in contatto con i nostri simili e la parola è in misura notevole una forma di contatto. Gli individui entrano in contatto tra di loro direttamente oppure indirettamente, attraverso i libri, i giornali, la televisione, forma complessa i cui il dialogo resta nascosto. La comunicazione è uno degli aspetti più significativi della cultura ma non è una cosa semplice. Le forme di comunicazione pronte, quelle tramandate dai nostri avi, ci fanno sentire sicuri, le riceviamo dalla realtà circostante, nella vita di tutti i giorni, capiamo le persone intorno a noi, le situazioni in cui ci troviamo e sappiamo come reagire. Quando le tradizioni vengono infrante perché le situazioni si succedono, la storia si evolve, si verificano grandi mutamenti e le vecchie modalità cambiano si può cadere nell'incertezza di come esprimere i propri sentimenti e pensieri e la scissione interiore può essere dolorosa. In questi momenti è sempre stato essenziale il ruolo dei gruppi di persone legate da attaccamento reciproco, stili di vita, simpatie, parentele, tradizioni. Questi piccoli centri rappresentano immancabilmente dei laboratori culturali di nuove modalità comunicative, e non importa che si tratti di un collettivo studentesco, oppure di un gruppo di persone legate da vincoli professionali o dall'interesse di difendere la propria cultura. Sono proprio queste cerchie a mantenere la cultura viva. Là dove mancano, manca la cultura alta. Là dove le differenze vengono appiattite con il ferro da stiro e tutti parlano allo stesso modo, in realtà tutti sono muti. Durante il Rinascimento gli umanisti, individui eclettici dall'erudizione vastissima ma comunque bisognosi gli uni degli altri, seppero dar vita ad una autentica cultura della comunicazione riscoprendo il dialogo come forma di ricerca della verità, la maieutica socratica. Un'arte che forse abbiamo smarrito..

Da una rilettura di Jurij Michailovič Lotman "Conversazioni sulla cultura russa"



Why are we talking? We talk a lot, we spend most of our lives talking. If we considered more closely what we say, write and read we would find that words are definitely more than information. We speak to establish a sphere of communication with others, because for us it is not so important to receive information as to get in touch with our fellow men and speech is to a considerable extent a form of contact. Individuals come into contact with each other directly or indirectly, through books, newspapers, television, a complex form in which the dialogue remains hidden. Communication is one of the most significant aspects of culture but it is not a simple thing. The ready-made forms of communication, those handed down by our ancestors, make us feel safe, we receive them from the surrounding reality, in everyday life, we understand the people around us, the situations in which we find ourselves and we know how to react. When traditions are broken because situations follow one another, history evolves, great changes occur and old modalities change you can fall into the uncertainty of how to express your feelings and thoughts and the inner split can be painful. In these moments, the role of groups of people linked by mutual attachment, lifestyles, sympathies, kinship, traditions has always been essential. These small centres inevitably represent cultural workshops of new communicative modalities, and it does not matter whether it is a student collective, or a group of people linked by professional constraints or by the interest of defending their culture. It is precisely these circles that keep the culture alive. Where there is a lack, the high culture is missing. Where differences are flattened with the iron and everyone talks the same way, in reality everyone is dumb. During the Renaissance the humanists, eclectic individuals with vast erudition but still needy of each other, knew how to give life to an authentic culture of communication by rediscovering dialogue as a form of search for truth, the Socratic maieutics. An art that we may have lost..

A rereading  Jurij Michailovič Lotman “Conversations on russian culture”

2 commenti:

  1. Le parole condivise ci danno l’illusione di comunicare, di dire cioè qualcosa di noi a qualcuno che possa capirla, e di capire qualcuno attraverso le parole che ci dice; non è così, l’altro capisce ciò che può o vuole capire, ci comprende attraverso gli strumenti che possiede e spesso in ciò che comprende c’è molto di suo e poco di nostro.
    La comprensione avviene sempre a livello della parola, a livello cioè di una convenzione socialmente stabilita.
    Le parole e il dialogo, però, stimolano davvero qualcosa dentro di noi, perché nel raccontarci ci costruiamo di volta in volta in base alla persona che crediamo di avere di fronte, e ascoltando l’altro supponiamo che esista da qualche parte qualcosa o qualcuno che non siamo noi stessi e creiamo lo spazio per il diverso.
    Questo spazio che non sono Io, che non sei Tu, sentiamo l’esigenza di riempirlo con qualcosa: questa cosa è l’opera d’arte, scritta, scolpita, dipinta, strutturata, ecco come io mi spiego il Rinascimento italiano e prima ancora l’umanesimo, che fu un fitto dialogo fra le migliori menti di quell’epoca, smaniosi di conoscere la “verita”, che però era una loro creazione condivisa da tutti per l’intrinseca bellezza.
    Ciao
    P.S. Conosco Miguel Benasayag e mi ha fatto piacere rileggerlo sul tuo blog.

    RispondiElimina
    Risposte

    1. Trovo sempre nei tuoi commenti nuove prospettive, angolature, sentieri sotterranei.
      E mi perdo raccogliendo matasse di pensieri e scoperte.
      Per esempio questo pensiero di Gorgia:

      “L’incanto divino che opera nelle parole avvicina il piacere, allontana il dolore: insinuandosi infatti nell’opinione dell’anima, il potere dell’incanto la ammalia e la persuade e la trasforma con il suo fascino…Del fascino e della magia sono state inventate due arti, la poesia e le arti figurative..”

      questa poesia di Saba:

      Parole,

      dove il cuore dell’uomo si specchiava
      
-nudo e sorpreso- alle origini;
      un angolo
 cerco nel mondo,
      l’oasi propizia
 a detergere voi con il mio pianto

      dalla menzogna che vi acceca.
      Insieme
 delle memorie spaventose
      il cumulo
 si scioglierebbe,
      come neve al sole.

      e riscopro Tommaso Campanella, filosofo enciclopedico, pensatore inquieto, poeta, astrologo, profeta e utopista, che sfugge invece le parole e rivendica il sapere “diverso”.
      Ciao Garbo e grazie

      Elimina