lunedì 21 maggio 2018

SECONDA VISIONE




Ancora una volta il sublime comedian Bill Murray. La regia è del guru del cinema indie Jim Jarmusch. È il 2005 e nasce un piccolo grande film che è un giallo dei sentimenti, l’inchiesta di un uomo dentro il proprio passato. Un maturo signore che ha amato molte donne riceve una lettera anonima in cui gli si dice di un figlio diciannovenne che non ha mai conosciuto. Chi è la mittente? Don Johnston incomincia un viaggio tra le donne della sua vita per capire chi è la madre, e dov’è quel figlio. Siamo lontani da ogni sentimentalismo e all’opposto esatto del melodramma.
Comincia così: la telecamera segue una lettera rosa. Da quando viene battuta a macchina e poi imbucata, a quando viene smistata negli uffici postali, a quando viene caricata sul camion per la consegna. La lettera arriva alla fine davanti a Don (un imperturbabile Bill Murray), un uomo che nella vita ha avuto successo, ma ormai sembra annoiato da ogni cosa: lo conosciamo nel momento in cui viene mollato dalla fidanzata (molto più giovane di lui), senza mostrare nessuna particolare reazione. Nel suo viaggio Don riscopre i fiori appassiti, che non sono solo i suoi vecchi amori, ma anche la vita che ha vissuto, gli ideali in cui (forse) credeva, gli anni ’70.
Amo moltissimo Bill Murray, la sua interpretazione qui è grandiosa come la sua grande capacità di lavorare di "sottrazione".
Nella ricerca di Jarmush non c'è pessimismo ma una grande lucidità di analisi, non trova una risposta alle domande esistenziali di Don, perché una risposta non esiste.
Ma la consapevolezza è un buon punto di partenza.

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