domenica 14 giugno 2020

PIOVE

Ci nutriamo ogni giorno di previsioni del tempo. Abbiamo sviluppato un io meteorologico  che e' andato mutando con l'andare dei tempi. Le sempre nuove scoperte scientifiche e tecnologiche hanno apportato una quantita' di nuovi dati che “hanno annullato l'effetto della sorpresa e soprattutto hanno squalificato i saperi degli uomini di altri tempi, che con lo sguardo, l'umidità percepita dal corpo o il vento sulla pelle e tante altre sensazioni prevedevano l'irruzione o meno della pioggia”.Alla pioggia o alla sua assenza sono spesso legate ansie e sofferenze in continuo cambiamento e ormai lontane nell'aspetto fideistico e divino.
Il professor Alain Corbin ha individuato nel XVIII secolo il momento storico in cui la sensibilità per i fenomeni meteorologici è andata intensificandosi.  Nel 1784 Bernardin de Saint-Pierre, nei suoi “Ètudes sur la nature”, andava sottolineando il piacere della pioggia, madre della malinconia; e anzi osservava che per potersi gustare più a fondo la pioggia serviva non avere niente in agenda, e smettere di pensare che non c'erano più le stagioni o le mezze stagioni e non c'era più l'antico ordine nella natura. Serviva ricordare l'esempio di quel console romano che quando pioveva faceva alzare la sua lettiga sotto le fitte frasche d'un albero, per addormentarsi al mormorio delle gocce di pioggia.
Joseph Joubert, nel suo “Carnet” (1779-1783), osservava che la pioggia sapeva rendere le percezioni più nitide e più definite: più sensibili ai rumori, alle sfumature di colore, alle impressioni, in genere. Il pittore Pierre Henri Valenciennes, nello stesso periodo, esortava i suoi allievi ad aspettare un'ora, dopo un'acquazzone, per apprezzare la lucentezza della natura.
Il filosofo Maine de Biran, nel suo diario del febbraio 1819, registrava quanti danni e quanto malessere gli veniva dalla pioggia: addirittura doveva ammettere che “lo stomaco è come affossato su se stesso, le digestioni sono laboriose, le idee lente e oscure; il mondo scompare ai miei occhi”.
Nel Novecento, Gide, nel suo “Journal”, ribadiva la sua avversione per la pioggia, che figliava volontà inquieta e umore instabile e magari cefalea; cent'anni prima Baudelaire aveva riconosciuto nella pioggia una componente fondamentale dello spleen, e Verlaine aveva stabilito un legame incontrovertibile tra pioggia e malinconia. Laforgue, non troppo lontano dai loro esempi, sapeva sfregiare il maltempo così: “Tutto mi annoia, oggi. Scosto le tende.In alto un cielo grigio, rigato da un'eterna pioggia”. 
E in questi giorni di tempo incerto piu' simili ad un aprile piuttosto che ad un meta' giugno non potevo che citare il bellissimo libro "Breve storia della pioggia. Dalle invocazioni religiose alle previsioni meteo di Alain Corbin.

lunedì 1 giugno 2020

GIUGNO



Frédéric Bazille, Ritratto di Pierre-Auguste Renoir (1867)








 “Sono come un sughero gettato in acqua che si lascia trasportare dalla corrente. Mi consegno alla pittura senza chiedermi che cosa sia”.

La scelta e' caduta su questo ritratto dalla posa insolita. E' un giovane Renoir, ventiseienne. Qualche critico l'ha definito sfacciato. Io lo trovo  semplicemente se stesso nel suo donarsi a chi guarda. 
Pierre Auguste Renoir è uno degli artisti più noti e amati di tutto il Novecento e probabilmente di tutta la storia della pittura. La ragione di questa popolarità risiede principalmente in due fatti: il suo ruolo di grande protagonista dell’Impressionismo e la piacevolezza accattivante dei suoi quadri.
A dispetto della grave forma di artrite reumatoide che lo colpisce verso i cinquant'anni, della sofferenza e della progressiva infermità, Renoir ritrova nell’arte la vivacità dello spirito creativo, avidamente desideroso di sperimentare, e continua a lavorare nonostante l’inaudita difficoltà fisica, continua a dipingere un mondo senza tristezza, concedendosi ancora in mille occasioni a un infantile stupore.
L’aggravamento della malattia lo portò ad escogitare il ricorso a strumenti di propria invenzione che potessero in qualche modo sostituire il normale cavalletto: l’artista negli ultimi tempi utilizzò un cavalletto realizzato appositamente per lui secondo il principio del telaio tessile, con la tela montata su una serie di cilindri. La tela veniva fissata a stecche di legno, che potevano ruotare attorno a due perni collegati dalla catena della sua vecchia bicicletta e manovrati da una manovella per muovere la tela su e giù. Il dipinto arrotolato gli permise di continuare a dipingere opere di grandi dimensioni come  Le grandi bagnanti  una delle opere realizzate con questo sistema.
Questa testimonianza di straordinaria generosità intellettuale ed umana di Renoir può essere per noi tutti esempio di come dall’amore per la vita, di cui l’arte è una delle espressioni più alte, possa scaturire il coraggio per combattere una lunga sofferenza.