Non credo esista una “realtà” e, ovviamente, non credo neppure nella “finzione” o “illusione”, noi viviamo non nel mondo reale, ma in mondi che ci costruiamo insieme credendoli reali, la “realtà” in cui viviamo è un’incessante co-creazione, che possiede sempre le sue attrattive, ma anche i suoi limiti, può essere a tratti meravigliosa e può trasformarsi in un incubo subito dopo (o esserlo stato subito prima). La letteratura (e la poesia, su cui forse bisognerebbe fare un discorso a parte) non è una dimensione di evasione dalla realtà, come l’abbiamo sempre considerata, ma una dimensione esistenziale migliore (più completa); il miglior narratore è quello che ci racconta (e ci fa vivere) mondi più confortevoli, più accattivanti, che ci fa vivere momenti di pienezza assoluta dopo magari un vuoto altrettanto assoluto, che ci avvince e ci trasporta in una storia che diventa nostra quasi immediatamente, che ci fa provare tutta la gamma dei sentimenti umani così come alcuni sport o massaggi stimolano muscoli che non sapevamo di possedere. Pessima letteratura è quella che solletica i nostri peggiori istinti, quella che ci offre gratificazioni illimitate, quella che sai già che avrà un lieto fine, quella che sollecita sentimenti stucchevoli, quella che produce zucchero filato e panna montata. Buona letteratura è quella che una volta entratovi te la senti dentro, inizia a far parte di te, non smetti di viverla solo perché hai chiuso l’ultima pagina del libro. L’esempio più prossimo è proprio Dostoevskij, nel post precedente accenni al suo L’idiota, uno dei libri più belli che io abbia mai letto e che mi ha trascinato in un mondo molto distante dal mio, quello del principe Myškin, dotato di un carattere di purezza diamantina, difficilmente accostabile e altrettanto difficilmente comprensibile, ma che evidentemente va a stimolare qualcosa di nostro nell’ambito dell’essere o del voler essere che preme per esprimersi, qualcosa di universale, che hanno incarnato Socrate, Cristo, Buddha, Lao Tzu, Zhuāngzǐ, Krishnamurti, Francesco D’Assisi, Zarathustra, Confucio e altri ancora. Qualcosa che ha scosso il mondo e che non sempre l’ha reso migliore, ma ha acceso la fiamma eterna di un sentiero già tracciato, di una speranza, di una purezza possibile, di una elevazione raggiungibile, di un paradiso terrestre che apre i suoi battenti a chi purifica se stesso fino a diventare una lama di ghiaccio e a perdere il suo Io per acquistare se stesso. Se riesci a raggiungere questa dimensione di “imperfetta armonia” non ami solo te stesso, l’amore che provi trabocca da te e invade tutto il tuo mondo, come Nastàs'ja Filìppovna scrive ad Aglaja Ivanovna Epancina: “Un angelo non può odiare e non può neppure fare a meno di amare”. Ma la avverte: “ … si può forse amare tutti, tutti gli uomini, tutti i propri simili? Mi sono posta più volte questa domanda. Naturalmente è impossibile, e sarebbe addirittura innaturale. Chi ama l’umanità di un amore astratto quasi sempre ama soltanto se stesso”. (L’idiota, Parte Terza, X). Ci sono opere scritte da chi ama solo se stesso (il suo Io, la “maschera” con cui si presenta al mondo, che finisce per scambiarla con sé), e dirette a chi ama altrettanto se stesso, ed opere scritte da chi trasfonde amore sulle pagine che ha davanti, su una tela, in un blocco di marmo, nella costruzione di un edificio, nel gesto di porgersi quotidianamente all’altro. Trovo sempre piacevole il dialogo con te, una buona giornata.
Apprezzo e credo in ciò che hai scritto. Concordo con l'autore quando condanna la "letteratura" che infarcisce le notizie sui quotidiani o nei telegiornali che dovrebbero limitarsi alla narrazione stretta e veritiera dei fatti; o, cito come esempio Dostoevskij, quando su cento che lo lodano sono pochissimi quelli che ne parlano con cognizione di causa o con il cuore come hai fatto tu...
Trovo sempre interessanti e godibili i tuoi commenti. Non trovi che a volte il tuo commento è il post e il mio post un corollario...?! :-) Buon tutto a te
Non credo esista una “realtà” e, ovviamente, non credo neppure nella “finzione” o “illusione”, noi viviamo non nel mondo reale, ma in mondi che ci costruiamo insieme credendoli reali, la “realtà” in cui viviamo è un’incessante co-creazione, che possiede sempre le sue attrattive, ma anche i suoi limiti, può essere a tratti meravigliosa e può trasformarsi in un incubo subito dopo (o esserlo stato subito prima).
RispondiEliminaLa letteratura (e la poesia, su cui forse bisognerebbe fare un discorso a parte) non è una dimensione di evasione dalla realtà, come l’abbiamo sempre considerata, ma una dimensione esistenziale migliore (più completa); il miglior narratore è quello che ci racconta (e ci fa vivere) mondi più confortevoli, più accattivanti, che ci fa vivere momenti di pienezza assoluta dopo magari un vuoto altrettanto assoluto, che ci avvince e ci trasporta in una storia che diventa nostra quasi immediatamente, che ci fa provare tutta la gamma dei sentimenti umani così come alcuni sport o massaggi stimolano muscoli che non sapevamo di possedere.
Pessima letteratura è quella che solletica i nostri peggiori istinti, quella che ci offre gratificazioni illimitate, quella che sai già che avrà un lieto fine, quella che sollecita sentimenti stucchevoli, quella che produce zucchero filato e panna montata.
Buona letteratura è quella che una volta entratovi te la senti dentro, inizia a far parte di te, non smetti di viverla solo perché hai chiuso l’ultima pagina del libro.
L’esempio più prossimo è proprio Dostoevskij, nel post precedente accenni al suo L’idiota, uno dei libri più belli che io abbia mai letto e che mi ha trascinato in un mondo molto distante dal mio, quello del principe Myškin, dotato di un carattere di purezza diamantina, difficilmente accostabile e altrettanto difficilmente comprensibile, ma che evidentemente va a stimolare qualcosa di nostro nell’ambito dell’essere o del voler essere che preme per esprimersi, qualcosa di universale, che hanno incarnato Socrate, Cristo, Buddha, Lao Tzu, Zhuāngzǐ, Krishnamurti, Francesco D’Assisi, Zarathustra, Confucio e altri ancora.
Qualcosa che ha scosso il mondo e che non sempre l’ha reso migliore, ma ha acceso la fiamma eterna di un sentiero già tracciato, di una speranza, di una purezza possibile, di una elevazione raggiungibile, di un paradiso terrestre che apre i suoi battenti a chi purifica se stesso fino a diventare una lama di ghiaccio e a perdere il suo Io per acquistare se stesso.
Se riesci a raggiungere questa dimensione di “imperfetta armonia” non ami solo te stesso, l’amore che provi trabocca da te e invade tutto il tuo mondo, come Nastàs'ja Filìppovna scrive ad Aglaja Ivanovna Epancina: “Un angelo non può odiare e non può neppure fare a meno di amare”.
Ma la avverte: “ … si può forse amare tutti, tutti gli uomini, tutti i propri simili? Mi sono posta più volte questa domanda. Naturalmente è impossibile, e sarebbe addirittura innaturale. Chi ama l’umanità di un amore astratto quasi sempre ama soltanto se stesso”. (L’idiota, Parte Terza, X).
Ci sono opere scritte da chi ama solo se stesso (il suo Io, la “maschera” con cui si presenta al mondo, che finisce per scambiarla con sé), e dirette a chi ama altrettanto se stesso, ed opere scritte da chi trasfonde amore sulle pagine che ha davanti, su una tela, in un blocco di marmo, nella costruzione di un edificio, nel gesto di porgersi quotidianamente all’altro.
Trovo sempre piacevole il dialogo con te, una buona giornata.
Apprezzo e credo in ciò che hai scritto. Concordo con l'autore quando condanna la "letteratura" che infarcisce le notizie sui quotidiani o nei telegiornali che dovrebbero limitarsi alla narrazione stretta e veritiera dei fatti; o, cito come esempio Dostoevskij, quando su cento che lo lodano sono pochissimi quelli che ne parlano con cognizione di causa o con il cuore come hai fatto tu...
EliminaTrovo sempre interessanti e godibili i tuoi commenti. Non trovi che a volte il tuo commento è il post e il mio post un corollario...?!
:-)
Buon tutto a te