Il 15 aprile 1729, alle13 e un quarto del pomeriggio, le campane di St-Thomas suonarono a morto per il Venerdì Santo e, mezz’ora più tardi, i Vespri si aprirono con la preghiera Da jesus an dem Kreuze stund.
La liturgia sarebbe durata almeno fino alle 17.30.
Per i fedeli, fu una celebrazione intensa, secondo la tradizione tramandata dal Medio Evo, e un avvenimento eccezionale per gli appassionati di musica.
La Passione secondo Matteo è di una bellezza che non si può descrivere a parole. Non soltanto vertice della musica religiosa della Riforma Protestante, ma anche vetta irraggiungibile della storia della musica in generale.
La Passione secondo Matteo rappresenta il vertice della musica religiosa bachiana. Una delle sue più vaste composizioni e con l’ organico più grande.
Bach era probabilmente consapevole della sua importanza, visto che la riprese per ben quattro volte. La partitura definitiva, che risale al 1746 circa, è il più bel manoscritto autografo che ci sia rimasto di Bach.
Qui la registrazione storica del 1954 che vede come conduttore il grande Wilhem Furtwangler.
Cattolicesimo e protestantesimo erano entrambe fedi fanatiche e bigotte, ma mentre il primo considerava peccato grave voler conoscere e arricchirsi, il secondo invece non solo tollerava la curiosità e la brama di ricchezza, ma addirittura le promuoveva, soprattutto la seconda: essere ricco è come essere benedetto da Dio, e Dio concede i suoi favori solo all’uomo giusto e retto, e li toglie al malvagio (come insegna il Libro di Giobbe).
RispondiEliminaChe ci fosse del fanatismo anche nel protestantesimo basta dare uno sguardo alle guerre di religione che imperversarono fra il XVI° e il XVII° secolo, ma la brama di ricchezze portò molto velocemente gli stati protestanti ad esplorare il globo terracqueo e a sviluppare le necessarie tecniche di navigazione.
Non stupisce che un cartografo, un astronomo, o chiunque con la propria scienza potesse dare un vantaggio ai navigatori e ai commercianti della propria nazione, fosse tenuto in alta considerazione, e non stupisce neanche che la pittura si metta a servizio della cartografia e della mappatura dei paesi man mano conosciuti.
L’ipotesi più accreditata riguardo all’identità del personaggio del ritratto è che fosse Antoni van Leeuwenhoek (la somiglianza fra il suo ritratto di Jan Verkolje e del geografo di Veermer è impressionante), scienziato e ricercatore polivalente (come era consueto allora), che poteva ben figurare nell’atto di riprodurre su carta una mappa terrestre o celeste. Ma su questa questione non possediamo alcuna certezza.
Per quanto mi riguarda, non riesco del tutto ad estraniarmi dalla concezione oraziana “ut pictura poësis”, reduce da una vacanza in terre etrusche, lo sguardo che il cartografo getta fuori dalla sua finestra mi lascia immaginare non ciò che vidi, ma ciò che ancora non ho visto. Poco sensibile alla brama di ricchezza che permeava e permea ancora i mercanti e i naviganti di ieri e di oggi, bramo solo la bellezza di ciò che ancora non conosco.
Ciao