È un biopic letterario, "Genius". Ha il pregio di mostrarci un mondo poco conosciuto al cinema e non solo, quello dell'editoria. Contemporaneamente fa riflettere sulle conseguenze di chi è toccato dal genio. Stiamo parlando rispettivamente di Maxwell Perkins, editor di una grande casa editrice, scopritore e curatore di Ernest Hemingway e Scott Fitzgerald tra gli altri e di Thomas C. Wolfe, scrittore istrionico, eccentrico, dalla scrittura assolutamente prolissa ma a suo modo estremamente affascinante. Il cast è ricco di ottimi attori ma anche di cliché, con qualche eccesso e alcuni momenti poco rispettosi verso i personaggi. Se il film di per sé non eccelle è la scoperta dello scrittore Wolfe che appassiona. La forza della creatività, la potenza ‘mostruosa’ della letteratura, magica, che spoglia di tutto. Scrive Wolfe: "La dimora del cuore, del cervello, di ogni fibra dell’uomo, il piccolo abitacolo della sua vita, non può reggere, non può assolutamente essere tanto capace e resistente da contenere tutta la furia di un'urgenza creativa”.
Autore poco conosciuto, che piccoli e grandi editori in questi anni hanno riveduto ma che come vale per altri vanno scoperti e nascosti, amati in solitudine.
«A stone, a leaf, an unfound door; of a stone, a leaf, a door. And of all the forgotten faces. Naked and alone we came into exile. In her dark womb we did not know our mother’s face; from the prison of her flesh we come into the unspeakable and incommunicable prison of this earth. Which of us has known his brother? Which of us has looked into his father’s heart? Which of us has not remained forever prison-pent? Which of us is not forever a stranger and alone? O waste of loss, in the hot mazes, lost, among bright stars on this most weary unbright cinder, lost! Remembering speechlessly we seek the great forgotten language, the lost lane-end into heaven, a stone, a leaf, an unfound door. Where? When? O lost, and by the wind grieved, ghost, come back again».
Un sasso, una foglia, una porta nascosta; di un sasso, una foglia, una porta. E di tutti i volti dimenticati.
Nudi e soli siamo venuti in esilio. Nel suo oscuro grembo non conoscemmo il volto di nostra madre, dalla prigione della sua carne siamo giunti all'indescrivibile, indicibile prigione di questa terra.
Chi di noi ha conosciuto il fratello? Chi ha guardato nel cuore del padre? Chi non è rimasto per sempre prigioniero? Chi non è per sempre solo e straniero?
O immane desolazione, persi nei torridi labirinti, tra le stelle lucenti su questo tizzone esausto e spento, persi! Muti cerchiamo la grande lingua dimenticata, la strada perduta per il cielo, un sasso, una foglia, una porta nascosta. Dove? Quando?
Perduto spirito, pianto dal vento, torna ancora.
Thomas C. Wolfe, incipit di "O Lost"
Ho visto il film,interessante in varie sue parti.Forse però,a mio avviso,é stato troppo incentrato sull'intenso rapporto umano e personale tra Wolfe e il suo editore Perkins,testimoniato soprattutto nelle scene finali dalla lettera che Max Perkins riceve dallo scrittore postmortem. Solo superficialmente sono stati invece trattati i rapporti con Hemingway e con Francis Scott Fitzgerald,del quale viene solo tratteggiata la crisi personale ed artistica.Ci si poteva aspettare forse di più,ma tutto sommato un bel film.
RispondiEliminaCiao Julia,un saluto
Clem
Mi fa piacere che tu lo abbia visto. Pochi lo conoscono. Come ho scritto non è un gran film, poteva essere trattato meglio l'argomento. Dici bene...
EliminaHa avuto però il pregio di farmi conoscere Wolfe scrittore.
Ciao