Lo scorso anno in occasione del centenario della morte di Proust è uscito questo libro. Leggerlo mi ha ispirato il nuovo calendario.
Marangoni, grande studiosa di Proust, è riuscita a trovare nei sette libri della Recherche tutte le apparizioni di mauve, di blu oltremare o di rosa Tiepolo. Il colore è ovunque e ogni volta per uno scopo specifico; tutti i riferimenti al tempo sono immersi nel verde, il blu segna le intuizioni poetiche, il rosa racconta il fascino delle donne amate, il rosso è il simbolo del potere dell'aristocrazia, passato e futuro sono "fiumi incolori", mentre solo il presente è definito "colorato e denso".
Sicuramente conoscere la Recerche è un vantaggio ma non una necessità. L'opera si legge d'un fiato, è esaustiva e per nulla accademica o inaccessibile.
Per Proust letteratura e arte sono legate, cosi come lo sono parole e colore, entrambi carichi di simboli e significati. " Il colore, scrive l'autrice, non è importante in quanto viene raccontato è importante perché egli stesso racconta."
Proprio in occasione del centenario di Proust,sono stato stimolato a riprendere e rileggere la "Recherche".Nonostante la lunghezza dei periodi é sempre un piacere addentrarsi nei salotti frequentati da Swann alla ricerca quasi esistenziale di Odette oppure ritornare al tema del tempo raffrontandolo con quello di altre epoche ed altri autori come ad esempio Bergson ed Heidegger.Come critica letteraria ho invece preso "Proust senza Tempo" di Alessandro Piperno,uno degli studiosi italiani più intelligenti appassionati di Proust.
RispondiEliminaCiao Julia,un saluto e buon febbraio
Clem
Ciao Clem. L'argomento tempo è tra quelli che più mi appassiona. Ho letto Proust, su Proust e ho appena iniziato Ritorno a Guermantes ma non tutta la Recherche. Questo libro credo mi darà lo spunto per farlo. Complimenti per la rilettura..
EliminaGrazie e buon febbraio a te
Julia
Ho letto la Recherche molti anni fa e ne conservo un entusiasmo (e una comprensione) giovanile, forse superficiale e poco approfondita, ma piuttosto vivida, perché l’ho citato più volte in varie occasioni.
RispondiEliminaConcordo con te e con la Marangoni che una buona parte del senso del libro è affidata alla percezione sensoriale, ed è in un certo qual senso più estetica che semantica.
Ciò che percepiscono i sensi rimanda spesso a nostalgie, epifanie, sentimenti, ricordi, evoca un senso di benessere, di beatitudine o, al contrario, di fastidio o di ripulsa.
Attraverso il caleidoscopio dei sensi noi non facciamo riferimento soltanto a ciò che essi percepiscono del mondo reale, ma anche in senso figurato alle virtù intellettuali. Gli antichi romani quando volevano sottolineare che qualcuno aveva la spiccata virtù di distinguere il buono dal cattivo, il bello dal brutto, dicevano che “ha naso”.
Durante il medioevo, come ci attestano non soltanto il trattato Summa de saporibus e Giovanni Scoto Eriugena, soltanto il gusto è deputato propriamente alla conoscenza delle cose, perché esso si mescola alla realtà totalmente e ne rivela in questo modo il senso (sapore è sapere). L’uomo raffinato diventa all’ora un “uomo di gusto”, uomo cioè dotato di una solida esperienza di vita, di una spiccata dote di conoscenza e di buona capacità critica.
Oggi, invece, per far riferimento alle stesse doti diremmo che è uno che ha “occhio”, perché il culto dell’immagine nel nostro tempo ha relegato in secondo piano tutti gli altri sensi e le loro allegorie.
Tornando a Proust, l’odore e il sapore della madeleine intinta nel te o nell’infuso di tiglio rievoca il ricordo di un intenso piacere del passato, paragonabile alla gioia di una ri-scoperta archeologica.
La stessa cosa avviene quando Swann scorge da lontano lo scintillio del tramonto sui campanili di Martinville, quel gioco della luce sopra i tetti dei campanili, che appare e scompare gli sembra un fenomeno straordinario, e lo riempie di gioia.
Non si tratta di ri-vedere oggetti o percepire sensazioni che appartengono al passato che riportano nel presente pensieri e sentimenti quasi dimenticati, di una semplice ricerca del tempo perduto, ma di ricreare a partire da uno spunto qualsiasi (sapori, odori, scintillio e non la torta madeleine o i campanili di Martinville) emozioni e sentimenti che vogliono emergere e di cui si avverte il desiderio, di un tempo cioè ritrovato, perché creato nel presente, l’unico momento definito “colorato e denso”, come dice l’autrice del libro che proponi.
Un momento in cui fissiamo ogni piacere, quasi fosse eternità, perché ogni piacere (insegna Nietzsche nello Zarathustra) vuole eternità, ogni paradiso o ogni paese di cuccagna o dei balocchi è senza tempo, perché c’è sempre luce, c’é sempre il sole e vi fiorisce un’eterna primavera e l’eccesso di ogni cosa.
(segue)
Tutto ciò che è bello, gradevole, piacevole, che ci infonde benessere, cerchiamo di fissarlo, di conservarlo, di trattenerlo, di sospenderlo in un attimo infinito, da questo forse nasce la necessità dell’arte e la necessità sia della Recherche in Proust, sia della recherche in ciascuno di noi.
RispondiEliminaSecondo la mia analisi l’odore e il sapore, lo scintillio, rievocano una parte di noi che in essi avevamo depositato, e che adesso ci viene restituita perché desideriamo ricongiungerci ad essa; una parte che è fondamentale alla soddisfazione del nostro desiderio, perché è il cuore stesso della nostra soggettività, in parte perduta.
Il tempo che ci separa da essa è l’impossibilità costitutiva che ha ogni soggetto di conoscersi direttamente, senza l’ausilio di oggetti (e occhi) che ci rispecchino, l’impossibilità di conoscerci se con come oggetto a noi stessi; lo spazio è invece l’impossibilità del soggetto di desiderare senza tener conto dell’impossibilità di conoscersi.
Ammetto di non aver avuto più il coraggio di tentare una rilettura del libro più famoso di Proust, se devo proprio ripassare tutte quelle ore insieme a qualcuno devo prima fidanzarmici, altrimenti rinuncio in partenza :-)
Sono però curioso di conoscere il libro che proponi perché ho visto che non sembra impegnativo (almeno a giudicare dal numero delle pagine) e da come ne parli tu, e mi attrae pure la tela di Max Kurzweil in copertina, con quella giovane donna in abito giallo adagiata su un divano verde, che probabilmente avrebbe fatto la gioia di Marcel, che forse conosceva visto che lui e il pittore sono coevi e che quest’ultimo frequentò l’Académie Julian di Parigi, ed espose il suo primo dipinto al Salon sul finire del XIX° secolo.
Ciao
Dovrei essere abituata ai tuoi commenti.. Invece è una sorpresa ogni volta.
RispondiEliminaHo letto Proust, saggi, poesie, racconti ma non la Recherche, non fino ad ora.
Credo che un bagaglio maggiore di conoscenze e la maturità me la faranno apprezzare in modo diverso. Mi spaventa un poco però.
Non mi fidanzerò con Proust :-)
Grazie
Ciao
Julia