Com'era bella Parigi narrata da Roberto Calasso ne "La folie Baudelaire", tra la nascita del poeta (1821) e la morte di Proust (1922). Pittura, musica, letteratura, salotti: il centro del mondo. La disfida tra classici e romantici tra Ingres e Delacroix, Chopin che arriva speranzoso da Varsavia, i Salon ufficiali e i Refuses, l'Eduard Manet del Dejeuner sur l'herbe e di Olympia, Degas e Monet, gli impressionisti su su fino a Cezanne, i Fauves, Picasso e la nascita delle gallerie d'arte e i grandi mercanti. I salotti di George Sand con de Musset o di Madame Recamier del dipinto di Jacques Louis David. Con codazzo di artisti, politici e avventurieri.
E' come se ci fosse stato anche lui, Enzo Restagno, nel salotto munifico della Princesse de Polignac, tra Faure' e Chabrier, visto cosa riesce a raccontare nel suo "Ravel e l'anima delle cose". A quei mondi Proust si ispira per il salotto di Madame Verdurin, nella Recherche. Sono i tempi di Isadora Duncan, Cocteau, Djagilev e i Balletts Russes, di Colette e de l'Exposition Universelle del 1889 che innalza e lascia al futuro di Parigi la Tour Eiffel - altro che Albero della vita - e che per la gioia dei melomani fa conoscere i grandi gong Gamelan che incantano Debussy..
E dopo? Con un salto diabolico eccoci all'oggi, con la selfite acuta, ormai sindrome nevrosica, accanto ad arti figurative ove non conta piu' l'opera ma l'autore, l'artista in quanto personaggio pieno di like, esperienziale. I CD di musica classica, in via di estinzione, portano via con se' anche quei preziosi libretti che spiegavano autori e pezzi. Informazioni semplici, che YouTube misteriosamente non fornisce. E che dire dell'enorme quantita' di libri che neppure una lettura trasversale consente di affrontare. Abbiamo forse piu' libri che lettori? Siamo passati dai salotti al facciamo l' aperitivo?
Nel frattempo, per fortuna, mirabilia su altri fronti: scienze e medicina. Che avrebbero salvato Mozart. E che in soli cent'anni hanno raddoppiato la vita media. Pas mal du tout.
M. Waltz
La folie Baudelaire di Roberto Calasso
Ravel e l'anima delle cose di Enzo Restagno
mercoledì 20 febbraio 2019
venerdì 1 febbraio 2019
FEBBRAIO
Tiziano Vecellio - Paolo III con i nipoti cardinale Alessandro e Ottavio Farnese - 1546
Il rosso con cui rivestiva i personaggi dei suoi ritratti, una varietà calda, succosa e squillante, alla fine ha preso il suo nome: rosso Tiziano. Una tonalità che assumeva significati diversi in base ai soggetti del quadro. Il rosso della manica e della pantofola nella donna vestita, e quello del mantello della donna nuda, in Amor sacro e profano, rappresentano la passione. Il porpora profuso a piene mani in Paolo III e i nipoti Alessandro e Ottavio Farnese sottolinea il potere, in modo così convincente che i passanti si inchinavano davanti alla tela, come racconta il Vasari. Il biondo ramato delle belle veneziane raffigurate come dee pagane suggerisce la sensualità.
E Tiziano, con questi rossi, influenzò molti pittori del Rinascimento.
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