Palazzo Frisacco di Tolmezzo (Friuli Venezia Giulia). Il 26 ottobre si chiude la mostra “di tanti volti”, un ambizioso progetto espositivo che studia il ritratto femminile attraverso la lente dell’illustrazione d’autore. Oltre 300 opere, realizzate da più di quaranta illustratori, sia di fama internazionale che giovani promesse, raccontano, attraverso il disegno, la molteplicità dei volti femminili. Donne reali e immaginarie, figure storiche e contemporanee, identità che emergono da tratti grafici, cromie, tecniche diverse. Il tutto nasce da una selezione di ritratti settecenteschi di donne carniche, custoditi nel vicino Museo Carnico che ha ispirato gli illustratori coinvolti a ripensare, reinventare, riflettere su quei volti, attualizzandoli. Ne è scaturita una mostra in cui il disegno diventa strumento critico e poetico, capace di tessere un dialogo fra epoche e sensibilità. Se Cioran suggeriva che il ritratto fosse nato più dal risentimento che dall’ammirazione: uno strumento dell’uomo di mondo per registrare, con lucidità spietata, i tic e le bassezze dei suoi simili, il pittore Frenhofer, nel Capolavoro sconosciuto di Balzac, si illude di restituire l’essenza del volto, ma finisce col perdersi in una figura indefinibile, puro enigma visivo. Ma il ritratto, nato come segno distintivo dell’individualità, non riesce mai ad esaurirla. Anzi, spesso rivela quanto l’identità sia impastata di codici sociali, proiezioni culturali, filtri estetici. Lo sottolinea Gogol. Nel Ritratto, scrisse proprio per questo, una satira sui trucchi e sulle abilità del ritrattista alla moda, che piegava il proprio mestiere (e tradiva la propria vocazione) al successo mondano, assecondando un patetico travestitismo: chi voleva somigliare a Marte otteneva tratti marziali; chi aspirava a Byron riceveva pose romantiche. Tutto purché il risultato fosse gradevole, anche a scapito della somiglianza. Il ritrattista offriva una rappresentazione edulcorata omologandola alle aspettative di una sfera pubblica.
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