domenica 9 novembre 2025

Poesia scandinava

 Qualcosa che sta tra il mistico e l’esotico, una lingua asciutta concentrata sulla percezione individuale, la mente e l'inconscio, la solitudine, l’interiorità, le contraddizioni esistenziali, la natura e il corpo umano. È una poesia costruita con i mattoni delle immagini che guarda al piano metafisico delle cose. Una volta letta, riletta, trascritta, cercata,  diventa necessaria.

“Dammi del vel veleno per morire o sogni per vivere”, inizia così Apoteosi dGunnar Ekelöf, poeta scandinavo tra i più importanti del secolo, praticamente assente in Italia, introvabile persino in biblioteca. Pubblica il primo libro nel 1932, abbandona la lirica francese di cui fu traduttore e si appassiona a T.S. Eliot e ai filosofi islamici. La sua poesia non viene compresa perché lontana dal sociale e dalle convenienze. La sua ribellione ai diktat poetici del suo tempo si riflette in libri solari, assoluti, per alcuni assurdi. Membro dell’Accademia di Svezia dal 1958, onorato da un gruppo di discepoli che lo riteneva autore ‘di culto’, Gunnar Ekelöf preferì i panni dell’isolato e del viandante. 


OGNI UOMO È UN MONDO

Ogni uomo è un mondo, popolato
da esseri ciechi in oscura rivolta
contro l’ego sovrano che li sovrasta tutti.
In ogni anima mille anime sono imprigionate,
in ogni mondo mille mondi sono nascosti
e questi ciechi, questi reami inferiori
così reali e vivi, anche se incompiuti,
veri come me che vivo. E noi re
e sovrani dei mille possibili dentro di noi
siamo noi stessi sudditi, noi stessi prigionieri
in qualche esistenza più grande, di cui l’io e l’essere
la superiorità scambiamo per nostra superiorità.
Della loro morte e del loro amore
i nostri sentimenti hanno preso le tinte.

Come quando un possente battello passa
laggiù, sul filo dell’orizzonte, nel luccichio
della sera. E non sappiamo di quello
prima che un’onda ci raggiunga sulla spiaggia
prima una, poi un’altra e ancora molte altre
che colpiscono e s’infrangono finché tutto non è diventato
come prima. Eppure nulla è come prima.

Così noi ombre veniamo presi da una strana inquietudine
quando qualcosa ci dice che si è viaggiato
che qualcuno di quei possibili è stato liberato.


QUANDO COME ME CI SI È ALLONTANATI

 

Quando come me ci si è allontanati tanto nell’insensatezza

ritorna interessante ogni parola:

reperto nella terra

rivoltata da una pala d’archeologo

La breve parola tu

probabilmente una perla di vetro

appesa un tempo al collo di qualcuno

La grossa parola io

probilmente una scheggia di selce

servita a qualche sdentato per raschiarsi la carne 

incartapecorita




Something that is between the mystical and the exotic, a dry language focussed on individual perception, the mind and the unconscious, loneliness, interiority, existential contradictions, nature and the human body. It is a poem built with the bricks of images that looks at the metaphysical plane of things. Once read, reread, transcribed, searched, it becomes necessary.


"Give me velo poison to die or dreams to live", thus begins Apotheosis by Gunnar Ekelöf, one of the most important Scandinavian poets of the century, practically absent in Italy, impossible to find even in the library. He published his first book in 1932, abandoned the French lyric of which he was a translator and became passionate about T.S. Eliot and Islamic philosophers. His poetry is not understood because it is far from the social and the conveniences. His rebellion against the poetic diktats of his time is reflected in solar books, absolute, for some absurd. A member of the Swedish Academy since 1958, honoured by a group of disciples who considered him a 'cult' author, Gunnar Ekelöf preferred the roles of the isolated and the wayfarer.



Everyone is a world

 

Everyone is a world, peopled

by blind beings in dark commotion

against the self the king who rules them.

In every soul thousands of souls are trapped,

in every world thousands of worlds are hidden

and these blind, these underworlds

are real and living, though incomplete,

as true as I am real. And we kings

and princes of the thousand possibilities in us

are ourselves servants, trapped

in some greater creature, whose self and being

we grasp as little as our own superior

his superior. Our own feelings have taken

the color of their love and death.

 

As when a mighty steamship passes

far out, under the horizon, lying

in the evening glitter- - And we don’t know about it

until the swell reaches us on the shore,

first one, then another, and then many

which strike and boom until everything has become

as before. – Yet everything is different.

 

So we shades are troubled by a strange unease

When something tells us that others have gone ahead,

That some of the possibilities have been released.




When one has come as far

 

When one has come as far in meaninglessness as I

each word is interesting again:

Finds in the loam

That you turn with an archeological spade:

The little word “you”

perhaps a bead

that once hung from someone’s neck

The grand word “I”

perhaps a flint shard

that someone  in his toothlessness used to scrape his tough

meat







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