lunedì 27 aprile 2020

22 APRILE






..Tenere l'infinito nel cavo di una mano...
 La magia della natura con le sue creazioni ci permette di sfiorare un concetto astratto ed inafferrabile come l’infinito, racchiudendolo nei più piccoli dettagli di un frutto, una foglia o sulla superficie di una conchiglia.
L'uomo ha da sempre cercato di comprenderlo, descriverlo, catturarne l’essenza tramite le scienze. Il matematico Benoit Mandelbrot e' il fondatore di cio' che oggi viene chiamata geometria frattale. Nella sua introduzione a questa disciplina scrive:
"Perché la geometria viene spesso definita fredda e arida? Uno dei motivi è la sua incapacità di descrivere la forma di una nuvola, di una montagna, di una linea costiera, di un albero. Osservando la natura vediamo che le montagne non sono dei coni, le nuvole non sono delle sfere, le coste non sono cerchi, ma sono degli oggetti geometricamente molto complessi.” 
I frattali non sono oggetti così astratti e lontani dalla vita quotidiana: ogni giorno ciascuno di noi si imbatte in qualcosa di molto simile ad un frattale come ad esempio alcuni tipi di foglie o di piante oppure i "frattali" per eccellenza: il fiocco di neve e il cavolo verde. Una montagna, una pianta, un corallo, una conchiglia non sono altro che il frutto di parti più piccole aventi forme analoghe che si ripetono all’infinito in maniera decrescente.
Semplificando al massimo il concetto di frattale, lo si può definire come una figura geometrica caratterizzata dal ripetersi sino all’infinito di uno stesso motivo su scala sempre più ridotta.
L' avvento delle tecnologie computerizzate ha permesso di visualizzare il comportamento di complesse funzioni matematiche che producono immagini grafiche affascinanti. Oggi utilizzando una workstation grafica sono sufficienti poche frazioni di secondi per visualizzare tali funzioni che producono immagini sorprendenti in termini di particolari e dettagli che ricordano la complessità di forme geometriche ricorrenti in natura (fiocchi di neve, felci, foglie, chiocciole..)
L’industria del design e della moda ha preso in prestito questi concetti matematici per ispirarsi a nuove creazioni.
Uno degli esempi più visibili è rappresentato da un brand famoso della moda internazionale come Desigual che lega il suo stesso logo ai modelli generati dalle funzioni matematiche che rientrano nella categoria dei frattali.
Anche alcuni marchi più tradizionali si ispirano per le loro creazioni agli incredibili colori e forme dei frattali. Ad esempio PIQUADRO, leader nella produzione di borse e valige professionali, ha deciso di dedicare una linea completa, OPERA, ai frattali.
La fractal art si basa pertanto sul calcolo di funzioni matematiche dai cui risultati si ricavano immagini, animazioni e musica. Le immagini, ad esempio, sono grafici dei risultati dei calcoli, così come le animazioni sono sequenze di questi stessi grafici. In musica, invece, ai risultati si associano diversi toni e frequenze.
Immagini, movimenti, colori e musica del genere frattale non sono che il tentativo dell’uomo di fare propria l’idea di infinito suggeritagli dalla natura. Ancora una volta, l’arte si inchina alla sua magnificenza, di cui è una semplice, creativa, imitazione.

Per saperne di piu qui





venerdì 17 aprile 2020

CURA

MENTRE CURA STAVA ATTRAVERSANDO UN CERTO FIUME, VIDE DEL FANGO ARGILLOSO. LO RACCOLSE PENSOSA E COMINCIÒ A DARGLI FORMA. ORA, MENTRE STAVA RIFLETTENDO SU CIÒ CHE AVEVA FATTO, SI AVVICINÒ GIOVE. CURA GLI CHIESE DI DARE LO SPIRITO DI VITA A CIÒ CHE AVEVA FATTO E GIOVE ACCONSENTÌ VOLENTIERI. MA QUANDO CURA PRETESE DI IMPORRE IL SUO NOME A CIÒ CHE AVEVA FATTO, GIOVE GLIELO PROIBÌ E VOLLE CHE FOSSE IMPOSTO IL PROPRIO NOME. MENTRE GIOVE E CURA DISPUTAVANO SUL NOME, INTERVENNE ANCHE TERRA, RECLAMANDO CHE A CIÒ CHE ERA STATO FATTO FOSSE IMPOSTO IL PROPRIO NOME, PERCHÉ ESSA, LA TERRA, GLI AVEVA DATO IL PROPRIO CORPO. I DISPUTANTI ELESSERO SATURNO, IL TEMPO, A GIUDICE, IL QUALE COMUNICÒ AI CONTENDENTI LA SEGUENTE DECISIONE: “TU, GIOVE, CHE HAI DATO LO SPIRITO, AL MOMENTO DELLA MORTE RICEVERAI LO SPIRITO; TU, TERRA, CHE HAI DATO IL CORPO, RICEVERAI IL CORPO. MA POICHÉ FU CURA CHE PER PRIMA DIEDE FORMA A QUESTO ESSERE, FINCHÉ ESSO VIVE, LO CUSTODISCA. PER QUANTO CONCERNE LA CONTROVERSIA SUL NOME, SI CHIAMI HOMO POICHÉ È STATO TRATTO DA HUMUS”.

 Il mito di Cura -  Igino - I secolo A.C.

Il nome cura, del dio minore pagano, e' latino e se spontaneamente viene tradotto con l'italiano cura simile al care inglese ha significato si di premura e sollecitudine ma anche di inquietudine, apprensione, affanno. 
Quindi protagonista della storia e' allora l' inquietudine, personificata in Cura, creatrice e accompagnatrice dell'uomo.
L'inquietudine è la condizione nella quale avvertiamo un senso di dis-orientamento, che ci mette in guardia sullo stato di stabilità, o instabilità, del nostro disagio, e ci fa andare alla ricerca di un nuovo orientamento. Cifra fondamentale del disorientamento è proprio l'inquietudine. È proprio quando si è disorientati che inizia la riflessione sulle decisioni da prendere nella vita. Nuove situazioni, nuovi problemi e nuove irritazioni mantengono l'orientamento in un'inquietudine costante. Per questo l'inquietudine è l'atmosfera di base dell'orientamento. Se le situazioni non sono né prevedibili né calcolabili o verificabili, domina l'inquietudine intorno alla domanda se ci si è orientati correttamente prendendo decisioni giuste; l'inquietudine può trasformarsi in paura di non aver preso la decisione opportuna. E la paura può degenerare, in casi estremi, in disperazione se il dubbio nei confronti delle proprie possibilità d'azione paralizza l'azione stessa. Infine, la disperazione può portare alla depressione o percezione della sconfitta e senso di impotenza. Se invece l'orientamento riesce e la direzione presa conduce a una soluzione soddisfacente, segno e misura del riuscito orientamento sarà la quiete, e nella quiete il bisogno di orientamento si placa.  Nietzsche concepì inquietudine e quiete come poli del bisogno di orientamento. Ne La gaia scienza scrive infatti il filosofo tedesco che il nostro bisogno di conoscenza deriva dalla ricerca della quiete; la gioia del conoscere manifesta il recuperato senso di sicurezza e il ritrovato orientamento. (F. Rigotti)

lunedì 6 aprile 2020

SENZA TITOLO



Prima dell’ultima curva del giorno
colgo delle parole con cui dormire:
nella sera esse riprendono
le vesti pesanti e accorte.
Il loro andare è misurato
e come mattoni allineati s’incastonano
nella bianca calce della pagina.
È un muro che scende dall’alto
il lento trascorrere del segno.
Non c’è finestra o spiraglio
ma preziosa e gremita
cura del fitto unire.
Vorrei fosse un’unica figura
la gemma che ancora dura e chiusa
il giardiniere stacca e si regala.

Valerio Magrelli

da “Rima palpebralis”, in “Ora serrata retinae”



mercoledì 1 aprile 2020

APRILE



Edvard Munch  -  Autoritratto  - 1895




Non dipingo quello che vedo ma quello che ho visto.

All'eta' di 31 anni Munch dipinse questo  Autoritratto con sigaretta  mentre si trovava a Berlino.  Come sempre nei suoi ritratti conferisce il massimo risalto al volto e alla mano che definiscono la psicologia del personaggio; il resto dell'immagine e' immersa in una luce irreale e spettrale. Egli fissa lo spettatore con l'intensita' di un mago e lo invita a condividere i suoi pensieri.
Nella sua arte, ormai, la situazione personale, ha assunto un carattere universale, la propria devastazione interiore, lo strazio della propria anima, diviene simbolo del dolore del mondo. Raccontando se stesso, infatti, denudando il suo inconscio, cercandone le venature più nascoste, esplorandone la linfa vitale è giunto a raccontare il disagio esistenziale dell’uomo, è Munch stesso a rivelarcelo: “Come Leonardo studiava i recessi del corpo umano sezionando i cadaveri, io ho cercato di capire ciò che è universale nell’anima attraverso un’indagine minuziosa di me stesso”. 
I suoi dipinti diventano il suo diario, rivelazioni, disagi, tormenti. Fortemente dotato d’introspezione psicologica, tramuta la sofferenza in pittura, ne dipinge quel senso soffocante e informe che s’insinua tra corpo e mente, procurando spaesamento e accentuando la vertigine del vivere. La sua anima e' tormentata dalla paura, dalla malattia, dalla solitudine, dalla malinconia, dalla dipendenza dall'alcool. 
E' interressante scorrere i tantissimi autoritratti che lo accompagnano nella vita, molti eseguiti dopo una malattia, o quello bellissimo del 1909 che lo ritrae nella clinica del dottor Jacobson dopo un tracollo nervoso. 
A questo indirizzo e' possibile leggere i suoi scritti, ai piu' sconosciuti, di grande valore poetico e autobiografico.


https://www.emunch.no/english.xhtml